Tra peste e poesia: libri di un frate ligure del Seicento

Nove uno de’ più riguardevoli, e nobili Luoghi, che in sé, come ad ognuno è noto, contenga il dominio della Liguria, per quanto sia incerto di sua fondazione di tempo preciso, ad ogni modo l’anno 1135 era di numerosa, e riguardevole Populazione, come appare dalla giurata fedeltà in quel tempo al comune di Genova; ‘Universus Populus Novarum, Divites, mediocres, et Pauperes’; e molto più ancora le seguenti parole: ‘Milites, et Pedites’. La qual definizione di Persone, e di Soldati non si verifica di Luoghi ignobili ancora. Persuade la sua nobiltà, che si governasse a Consoli: il qual titolo di Magistrato se bene ne’ tempi seguenti si addimesticò assai, di que’ dì non costumavasi, che ne Luoghi, e Città insigni. Ma che sia per antico, Nove Città della Serenissima Republica di Genova, posta fra le pianure della Lombardia, e Ligustici monti, piglia il suo glorioso nome da nove Case, o Castelli, che gli Abitanti solamente avevano in un territorio ameno, d’aria temperata, e perfettisima. Conspicuo nella magnificenza di più Chiese, e Monasteri di Religioni diverse, nell’abbondanza d’ogni sorte di merci, in numero di Popolo, in chiarezza di molte Famiglie illustri: con la felicità del comercio co’ gli Stati di Milano, di Monferrato, e dell’Imperio, e per le Fiere de cambj quattro volte l’anno conosciuto e celebre alle maggiori Piazze d’Europa. In Esso da ogni tempo han fiorito Uomini qualificati in diverse facultà, e Professioni Teologiche, Filosofiche, di Canoni, di Medicina, e specialmente di Leggi. Ambasciatori a’ Prencipi; provinciali, e Generali di Ordini Sacri, Religiosi, e Monache di vita commendabile, ed eccellenti Predicatori: quello però, che molto più lo rende conspicuo si è la pietà, e divotione verso Dio, e la sua Santissima Madre” (Ambrogio da Novi, Ristretto di Maraviglie operate in Nove dalla Madre di Dio Vergine Lagrimosa, Mondovì, Vincenzo e Gio. Battista Rossi, 1694, pp. 8-10).


Di Ambrogio Oliveri (Olivieri), predicatore, assistente spirituale presso l’ospedale genovese di Pammatone, prolifico autore di opere devozionali e membro della comunità cappuccina di Novi (ora Novi Ligure), nel cui convento risiede dalla metà degli anni Settanta agli anni Novanta del XVII secolo, si riesce oggi a tracciare un primo profilo bibliografico, tenendo conto della presenza di materiali ancora inediti. Ci si riferisce, in particolare, a una Storia delle opere insigni di Misericordia (cfr. V. Archelite, in «Notiziario della Sezione Ligure dell’Associazione Italiana Biblioteche», 24, 1, 2014), come traccia memoriale manoscritta, relativa all’opera di assistenza prestata dai frati cappuccini durante le epidemie.
Per quanto riguarda le edizioni, la biblioteca civica della città di Novi Ligure conserva alcune testimonianze interessanti.

Il testo dal quale iniziamo è, forse, il più noto.
Del Ristretto di Maraviglie operate in Nove dalla Madre di Dio Vergine Lagrimosa si hanno almeno tre edizioni censite: Anversa (Angelo Massuto, 1693), Mondovì (Vincenzo e Gio. Battista Rossi, 1694) e Genova (Tipografia Arcivescovile, 1891). L’opera è dedicata a Novi e al rapporto della città con la Vergine Lagrimosa, in virtù della costante, incrollabile protezione esercitata da quest’ultima sulla comunità locale. Nel 1988, Lorenzo Bovone ha fornito un’analisi del Ristretto, condotta sulla base dell’edizione Anversa 1693, e a questo puntuale contributo è bene che si faccia riferimento.

Similmente all’edizione di Anversa, l’esemplare piemontese si chiude con tre componimenti dedicati ad Ambrogio, a cura di Francesco Maria Mazza, del lettore di filosofia Bartolomeo Lodolo e di Gio. Carlo Cattaneo. Figure che non vanno trascurate. Infatti, versi dedicati ad Ambrogio compaiono anche nell’Esercjzio sacro in sette giorni diviso in memoria de sette dolori di Maria Vergine Lagrimosa (Milano, Antonio Camagni vicino alla Rosa, 1698). Ne sono autori: Carlo Girolamo Ceretti, canonico e maestro di cappella presso l’Insigne Chiesa Collegiata di Novi; Gio. Giacomo Corte, dottore e accademico; Ciro Corpieti; Francesco Mazza; Filippo Oliveri, chierico; Giuseppe Maria Porri, musicista presso la Collegiata.

L’Esercizio, attraverso il quale Ambrogio dice di voler comporre «un Sacro Esercizio da praticarsi ogni anno, e se possibil fosse, ogni mese», sollecita il nostro interesse proprio grazie a questi verseggiatori più o meno improvvisati e al breve dialogo fra le anime del purgatorio e un peccatore (pp. 163-166) che richiama, con responsabilità autoriale, l’Accademia in Nove de Nuovi Risvegliati, composta, tra gli altri, dai citati Mazza, musicista, citarista e poeta, «tra Nuovi Risvegliati il Vigilante», e Corpieti, Accademico Incrollabile. Oliveri, Mazza e Lodolo erano già stati gli autori di altri componimenti apologetici inclusi nelle Riflessioni divote sopra la Vergine addolorata a’ pie’ della croce (Milano, Fratelli Camagni alla Rosa, 1695).

Questo libro è una raccolta «di lodi, d’ossequii alla gran Madre di Dio» (in quegli anni, Ambrogio era predicatore sulle prerogative di Maria), un esile elenco di dodici riflessioni dedicate alla Vergine, ma soprattutto all’allora vescovo di Tortona, il milanese Carlo Francesco Ceva.
La prefazione, siglata a Novi il 28 luglio 1695, è infatti imbevuta di elogi per Ceva. Sottile e giovanissimo ingegno al cospetto di papa Innocenzo X, che rimase naturalmente colpito dalle sue precoci qualità, Ceva fu vicario generale dell’arcivescovo Litta, primo passo di una luminosa carriera in patria. Innocenzo XI lo fece vescovo di Tortona nel 1682, diocesi che Ceva stava guidando con quella sicurezza e quelle virtù che facevano gridare a un nuovo san Carlo Borromeo.

Nel 1710, esce a Genova l’opera più ambiziosa di Ambrogio, la Dottrina cristiana o sia sommario breve per vivere da buon Cristiano (Genova, Franchelli, 1710), che conobbe una discreta fortuna, con almeno altre tre edizioni censite, tutte pubblicate dal genovese Franchelli: 1711, 17183, 17184. Incentrata sul valore della penitenza e della confessione, nonché sui comandamenti dati a Mosè e perfezionati da Gesù, la riflessione di Ambrogio è rivolta «non meno a Confessori, che a Penitenti, e ad’ogni sorte di Persone, che amano esser’instrutti ne dogmi di nostra Fede».

S’inserisce invece nel solco della “letteratura della buona morte”, popolare genere di testi pensati per i moribondi e i loro assistenti spirituali, La buona morte de giusti preziosa nel divin cospetto et il modo di farla buona anco i peccatori (Genova, Giovanni Franchelli, 1723), uscito non molto tempo prima della fine dello stesso Ambrogio, avvenuta probabilmente nel 1726. L’opera è dedicata a un N.N. che aveva diretto l’Ospedale di Pammatone, «ove io pure essercitavo la carica intorno a que’ Letti nell’assistenza de gli Ammalati», e che ottenne dall’autore di restare anonimo.

Infine, merita un cenno l’Alfabeto di vera sapienza sopra le grandezze di Maria Vergine Madre di Dio Immacolata (Genova, Franchelli, 1712), una silloge di discorsi scritti in lode della Vergine e indirizzati a Luca Grimaldi (unitamente al suo casato, «che in ogni luogo ne sparge la Fama, e ne registran le Storie, che senza più favellarne, o scriverne, son già eternati nelle memorie dei Secoli»).
L’Alfabeto è organizzato per argomenti, elencati ovviamente in ordine alfabetico: «Alpha. Maria Vergine in tutto simile al Figlio, Alpha Cristo, Alpha Maria, l’uno e l’altra Innocenti» oppure «Acquedotto di Paradiso. Maria Vergine Immacolata, come Acquedotto, che uscì dal Paradiso» e così via…

In conclusione, si nota che risultano censite almeno due ulteriori pubblicazioni riconducibili ad Ambrogio da Novi: I santi pensieri di suffragare le anime del Purgatorio (Genova, Casamara, [1719]) e Il paroco diligente nell’’Ufficio di Predicare, e Spiegare i Vangeli nelle Feste al suo Popolo (Genova, Franchelli [1718]), quest’ultima funzionale al lavoro dei parroci e dai parroci liguri dedicata alla Madonna della Guardia.

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